EDUCAZIONE: tra prevenzione e compassione

EDUCAZIONE: tra prevenzione e compassione

Per bambini e ragazzi crescere significa molte cose. Dai cambiamenti a livello psicofisico allo sviluppo della propria personalità, dai processi di apprendimento – dentro e fuori la scuola – all’ampliamento delle proprie reti sociali e di amicizia.

Il processo di cambiamento in una fase delicata, di transizione come l’adolescenza, dove si concentra e si concretizza il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Tale transizione non è mai del tutto lineare, ma si configura un work in progress che non è esente da aspetti critici o traumatici. Per questa ragione, in una certa misura, aspirazioni e frustrazioni, aspettative e ansie, irrequietezza e delusioni sono tutti stati d’animo connaturati alle fasi dello sviluppo. E accompagnano la crescita del minore, che attraverso questi passaggi assume la consapevolezza di sé e del suo ruolo nel mondo che lo circonda. Allo stesso tempo, per una serie di ragioni diverse, questa forma naturale di disagio può sfociare in comportamenti antisociali, pericolosi per sé o per gli altri. Ne sono esempi gli atti di bullismo verso i coetanei, l’adozione di comportamenti a rischio (tra cui l’uso di sostanze), fino all’ingresso nel mondo della criminalità minorile.

Quelle che comunemente vengono definite “devianze” non hanno ovviamente una sola causa. Si tratta di un fenomeno multifattoriale, che può avere molte radici. Una di queste è sicuramente un contesto di deprivazione sociale, che espone soprattutto ragazze e ragazzi che vivono in territori difficili e in famiglie segnate da forte disagio economico sociale. Ma non è l’unica causa: uno dei profili di “giovani a rischio” individuati dalla letteratura sul tema è infatti quello dei cosiddetti “ragazzi senza problemi” (Mastropasqua e Pagliaroli, 2008). Adolescenti provenienti da famiglie di ceto medio e medio-alto, del tutto alieni a situazioni di disagio economico. Ma allora cos’è che accomuna situazioni tanto diverse? La radice comune, come sottolineato nell’ultima relazione del garante dell’infanzia, si ritrova spesso nella fragilità dei legami sociali e familiari.

La posta in gioco è quindi rafforzare questo tipo di legami, intervenendo su almeno due fronti: preventivo e riparativo. Dal lato della prevenzione, occorre valorizzare il ruolo della scuola e delle comunità educanti, mettere insieme coloro che si occupano di educazione e di inclusione sociale: istituzioni locali, nazionali regionali, Chiesa, società civile, associazioni, Terzo settore. A partire da un investimento educativo contro l’abbandono scolastico nel nostro paese: l’Italia resta oggi tra gli stati Ue dove la quota di giovani che lasciano la scuola prima del tempo è più elevata. Una tendenza che, a seguito dell’emergenza Covid, rischia di aggravarsi ulteriormente.

L’importanza e il bisogno di comunità educanti forti e radicate diventa ancora più importante in un contesto come quello che abbiamo vissuto nell’ultimo anno, segnato dall’emergenza Covid. Un’emergenza che ha prima di tutto risvolti sulla socialità e sulle possibilità educative per i ragazzi, rimasti a fare scuola da casa per molti mesi. Ciò ha comportato una distanza, anche fisica, dai luoghi che per molti minori rappresentano l’unica alternativa alla strada o a situazioni familiari difficili. Il vero costo delle devianze è la frantumazione delle reti sociali e comunitarie. Un isolamento in cui si alimentano fenomeni criminali.

Se ci limitassimo a questo tipo di dati, non staremmo dando conto del vero costo sociale connesso con i giovani a rischio. Nel caso di una ragazza o un ragazzo che entra in un percorso di criminalità oppure di dipendenza, il vero costo sociale è l’ulteriore allentamento dei legami di cui vive e prospera qualsiasi società. Quei legami che, quando ci sono, rendono consapevoli di non essere soli, ma di fare parte di una comunità che affronta insieme i problemi. Una consapevolezza che è particolarmente preziosa soprattutto per chi è più vulnerabile, per condizione sociale o familiare.

Il rafforzamento di questi legami è la prima condizione per ridurre l’isolamento individuale di cui si alimentano anche fenomeni criminali. È proprio nella carenza di reti sociali e familiari e nel progressivo allontanamento dai presidi educativi (fenomeni di dispersione e abbandono) che si creano le condizioni favorevoli per i comportamenti criminali o a rischio.

Il ruolo dei luoghi di aggregazione è cruciale nella prevenzione di criminalità e devianze giovanili. Sempre in termini di prevenzione, appare particolarmente importante il rafforzamento sul territorio della rete di centri e luoghi di aggregazione per bambini e ragazzi. Luoghi dove praticare sport, incontrare gli amici, studiare, partecipare a laboratori e attività al di fuori della scuola.

San Matteo scrive che vedendo le folle, Gesù “ne sentì compassione” e in questo modo invita tutti noi – formatori ed educatori dei giovani – ad entrare in quella “compassione” di Cristo… E proprio quella “compassione” deve animare tutti i nostri programmi educativi, tutte le nostre scelte e tutto il nostro modo di rapportarci con i giovani…

Per affrontare la grave sfida della crisi educativa, occorrono oggi figure di formatori animati da uno slancio e da un coraggio educativo nuovo! Ma di quali educatori si tratta in concreto?

I giovani hanno bisogno innanzitutto di educatori-testimoni di un’umanità matura e bella, nonché testimoni di una fede vissuta fino in fondo. Da questo punto di vista, i giovani sono molto esigenti e non perdonano agli adulti ogni forma di incoerenza, di doppiezza o di ipocrisia.

I giovani hanno bisogno poi di educatori “inquieti”. Papa Francesco insiste molto su questo aspetto. Essere un educatore dei giovani vuol dire non accontentarsi mai e non chiudersi mai nel proprio gruppo.

I giovani hanno bisogno di educatori che irradino speranza e gioia. L’educatore vero si fida dei giovani che accompagna. Sa che ogni giovane, anche quello profondamente ferito dal peccato e da una vita disordinata, porta in sé un germe di bene autentico, da cui si può sempre ricominciare.

Davvero oggi la messe delle giovani generazioni è enorme e gli operai – come dice Gesù – sono pochi. Preghiamo dunque perché il Signore mandi operai nella sua messe, perché mandi educatori – testimoni, inquieti e colmi di gioia e di speranza – tra i giovani del nostro tempo…

 

 

Domenico Piccolo

Educatore Caritas della Diocesi di Acerra

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