Politica. Questa avrebbe dovuto essere la tematica del contributo, forse guardando all’importante anniversario della nostra costituzione oppure guardando all’attuale assetto globale. Ma negli ultimi giorni diversi eventi hanno attirato l’attenzione di ciascuno, primo fra tutti il terribile terremoto avvenuto fra Turchia e Siria, ancora la tensione nel conflitto ucraino-russo, e non ultimo per “chiasso” e polemiche (non poche) il festival di Sanremo. C’è un’attualità dirompente che chiede d’esser presa in considerazione; da questa realtà il desiderio di muovere idee e parole.
Il rischio altrimenti, in questo testo, sarebbe quello di “chiacchierare” di cose, di astrazioni; di scrivere per il semplice “dovere/piacere” di farlo. Riguardo gli eventi di cui prima, cosa unisce diversità così evidenti? Tragedie a ricorrenze, conflitti ad esibizioni, musica a politica? La tangibilità, così come titola il testo, di una realtà che inevitabilmente coinvolge. E in che modo avviene questo coinvolgimento? Tramite una capacità evocativa non indifferente: la guerra, il terremoto, così come “l’urto” polemico di certi “show” di portata nazionale toccano le corde di un’intimità che però fatica a decifrare da cosa/chi e in che modo viene toccata. Qui nessuna presunzione di avere “ricette” risolutive, o di indicare innovative vie di interpretazioni social-sociologiche della realtà. Al contrario, invece, solo il tentativo di evidenziare quanto occhi e orecchie in realtà, anche se non consapevoli, intercettano una realtà che parla, vuole parlarmi.
Ma fin qui, nulla di nuovo, anzi… evidenze banali… la domanda spontanea che nasce, invece è la seguente: se la realtà mi interpella, qual è il mio atteggiamento rispetto a questa chiamata? Il rischio evidente, in un tempo frenetico come il nostro, è quello, probabilmente di vivere in uno stato perenne di “iper-vigilanza”. In altre parole, asservirsi alla logica distruttiva della “performance” per cui rispondere alla realtà significhi cogliere gli stimoli e rispondere agli stessi facendo sempre tutto in maniera efficiente, rapidamente, e nel modo più “social” possibile. – dove “social” non comprende soltanto il “virtuale” in sé ma anche e soprattutto quella logica di approvazione totale, di “gara dei like”, che mira al perfezionismo come unica forma di riconoscimento. Di contro, per sfuggire alla frenesia di questa logica, giustificarsi chiudendosi in uno stato di assopimento che forse ci caratterizza, specie dal post-pandemia.
Notizie, eventi, scorrono ad una velocità incontrollabile al punto che colpiscono ciascuno ma non hanno il tempo fisico, concreto di “restare”. Esempi? Terremoto in Turchia, il dolore dura il tempo di una “reaction” alla notizia postata. Festival di Sanremo, l’attenzione per i temi portati sul “palco più importante d’Italia” ha durata ugualmente proporzionale ai commenti per i vestiti di x o per le gaffe di y. Tornando alla domanda, allora, soltanto una proposta: scegliere per quanto sia arduo e “controcorrente” una dimensione temporale diversa che si colloca proprio fra le due polarità sopra evidenziate. In altre parole, passare dalla velocità alla profondità nell’ottica di quel “gustare e sentire” di cui spesso probabilmente ci facciamo portavoce ma che per primi difficilmente applichiamo nella frenesia di un quotidiano che richiede invece proprio questa capacità “ascetica”, questo tempo “diverso”. Pura speculazione filosofica? Banali giochi di parole? Assolutamente no. La proposta, invece, più che mai concreta di vivere “l’oggi” con le persone che mi circondano, guardando alle cose che accadono sapendo che tutte mi toccano. E se mi toccano io non posso lasciarle scappare. Scelgo allora che mi abitino.
Francesco Ferrandino
Comunità I anno