Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria dei Santi Timoteo e Tito, Mons. Felice Accrocca, Arcivescovo Metropolita della diocesi di Benevento, ha presieduto l’Eucarestia spezzando la Parola e il Pane per noi. Nella sua omelia ci ha invitato a rileggere la nostra vocazione alla luce di quella di Paolo e dei suoi collaboratori Tito e Timoteo: “il compito di questi anni non è quello di diventare prete, ma di discernere la volontà di Dio su di noi”, proprio come Paolo che non si è autoconvocato, ma è stato scelto ed ha risposto. Ha poi continuato riflettendo sulla responsabilità dell’annuncio del Vangelo in un contesto ostile come quello attuale, che non deve cedere né all’estremo della vergogna (Rm 1,16), né deve essere annuncio “urticante” o con “tono da crociata”; piuttosto deve essere caratterizzato da “dolcezza e rispetto” (1Pt 3,16).
Ci ha poi esortati a fare un passo ulteriore rispetto al discernimento della volontà di Dio, ovvero di “ravvivare il dono” (2Tm 1,6) che abbiamo ricevuto alimentando un rapporto costante e diretto con il Signore, per non correre il rischio di spegnersi e diventare “professionisti del sacro”. Ma come deve essere proposto il Vangelo? L’arcivescovo ci ha indicato questo attraverso l’esperienza di San Francesco, che proprio nella prima regola cita il passo del Vangelo dell’invio dei discepoli “come agnelli in mezzo ai lupi” (Lc 10, 3), ricordandoci che annunciando non possiamo utilizzare gli stessi criteri del mondo, non siamo inviati “come lupi tra agnelli, o come lupi tra lupi, ma come agnelli tra lupi”. Infine ci ha ricordato della necessità della capacità relazionale nell’annuncio, siamo inviati nel mondo “a due a due” (Lc 10,1) proprio per questo perché il primo annuncio è la relazione tra gli inviati. “Ci dia il Signore la capacità di coltivare e ravvivare il dono che ci ha dato”.