Chi ha detto che un film di fantascienza non possa trasmettere un messaggio “cristiano” dal punto di vista etico-sociale?
In questo periodo sta spopolando nelle sale l’ultimo capolavoro cinematografico del regista statunitense James Cameron “Avatar 2: la via dell’acqua”, dopo un assenza durata ben tredici anni (2009) dal primo grande capolavoro Avatar, il quale riscosse gran successo, piazzandosi in assoluto fino ad oggi, come il film con più incassi nella storia del cinema, e che ora ritorna nelle sale, nella sua trama semplice ma scenografica, continuando a suscitare emozioni e a trasmettere un messaggio al mondo d’oggi, il quale vive e respira da tempo problematiche sociali come la guerra, l’immigrazione, la coesione sociale, l’integrazione, i problemi inerenti all’ambiente e alla salvaguardia del creato. Inoltre viene posto l’accento su quei valori etici che, nella nostra attuale società sembrano frantumarsi del tutto: la famiglia, la fede, il senso della preghiera e il valore dell’amicizia.
Ancora una volta, come nel primo capitolo, oltre a Jake Sully, protagonista indiscusso di tutto il film è Pandora, questo incantato e allo stesso tempo incantevole mondo dove è la natura ad esserne la padrona nella sua varietà di specie. Toccante, infatti, all’inizio e alla fine del film il canto di Neytiri, moglie di Jake Sully, che come un mantra sacro si fonde con la bellezza della natura, racchiudendo in esso la sua sofferenza per un mondo minacciato dagli “uomini del cielo” che vogliono piegare quel mondo alle proprie esigenze. Una preghiera, un inno e una sintonia con il creato, diremmo in termini cristiani, che calca il messaggio di Papa Francesco, in maniera particolare racchiuso nell’enciclica “Laudato sii” dove, nelle sue prime battute afferma:
“Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.”.
Ancora una volta ci è chiesto, anche attraverso ciò che ai nostri occhi può sembrarci “profano”, di “cercare e trovare Dio in tutte le cose”, come direbbe Ignazio di Loyola: cercarlo dietro un film dai tratti surreali, scorgerlo dietro le trame paradossali di un mondo parallelo ed immaginario, coglierlo nelle vicende che, se lette con gli occhi della fede, calcano ciò che noi, in questo mondo e nel nostro piccolo viviamo. L’azione pedagogica dei film sta in questo: far riflettere chi li guarda rendendoli protagonisti attraverso l’immedesimazione, e se a ciò aggiungiamo il dato di fede, può essere un ottimo invito a vivere la vita in pienezza.
Fiorentino Andolfi
Comunità di IV anno