LA MUSICA: UNO SGUARDO VERSO IL CIELO

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LA MUSICA: UNO SGUARDO VERSO IL CIELO

Sin dai tempi antichi gli uomini si sono interrogati riguardo alle origini della musica, nel mondo del mito e della religiosità greca essa era legata alla figura di Orfeo, il cantore che ammaliava con il suo canto l’uomo e la natura. Figlio della musa Calliope, riceve in dono da Apollo una magica lira al cui suono gli animali feroci si placano, i sassi si muovono, gli alberi ondeggiano; anche l’uomo è affascinato dall’armonia di Orfeo, che placa gli affanni e rigenera l’animo.

La storia di Orfeo e della sua musica incontra l’amore per la ninfa Euridice che egli chiede in sposa, ma il giorno delle nozze il pastore Aristeo vuole rapirla.Euridice si lancia così in una fuga disperata ma calpesta un serpente che la morde, uccidendola. Orfeo è disperato ma riesce con la sua musica ad affascinare Ade (il dio dell’oltretomba) e sua moglie Persefone che gli concedono di riportarla in vita a patto che né lui né Euridice dovranno voltarsi a guardare indietro durante la salita dagli inferi. Notiamo come all’interno di questo mito la musica si fa armonia che incanta la natura, gli uomini e persino “Dio” (rappresentato dal dio Ade), e in seguito essa si fa lamento per la perdita della ninfa Euridice che, presa dalla curiosità, si volta indietro ed è costretta a rimanere per sempre negli inferi.

Come ci mostra il racconto, la musica è in grado di tenere insieme tutto il nostro mondo interiore fatto di gioie e dolori e di trasformarlo in canto che ci attraversa e fuoriesce da noi ed è in grado di elevarsi verso il Cielo. In questo modo tutto di noi si apre ad una realtà più grande alla quale possiamo solamente affacciarci, come ad una finestra, e respirare per alcuni istanti un tempo di ristoro e serenità.

Per esprimere ciò che è in grado di fare la musica ci lasciamo aiutare da una parte del testo della canzone Guardando il Cielodi Arisa, cantata a Sanremo nel 2016. Già dal titolo c’è un riferimento al mistero del Cielo, simbolo da sempre del Creatore. Fin dalla prima strofa leggiamo: «Se tu mi chiedi cosa faccio in questa vita amico mio/ la sola cosa che so dirti è non lo so nemmeno io/ viviamo tempi troppo austeri/ siamo animali di città. Eppure sai che ogni notte prima di dormire io/ che ho preso tutto da mia nonna faccio una preghiera a Dio/potrà sembrarti rituale però a me dà serenità».

Il brano esordisce con un riferimento ai grandi perché della vita. Cosa facciamo qui e perché? Esiste Dio? Insomma uno spunto per poter parlare del mistero della vita, di Dio, della sua ricerca e del suo mistero. La presenza di questi grandi “perché” si apre poi al sussurro di una preghiera prima di andare a dormire trasmessa dall’esempio di una nonna, segno della saggezza di chi ha uno sguardo più ampio sulla vita proprio perché ne ha vissuta di più. Questa preghiera in grado di portare serenità nell’artista apre alla trascendenza, cioè al dono di qualcos’altro o di qualcun’Altro cui essa si rivolge. Essa è in grado di percepire, senza possedere completamente, la verità di un Oltre che sta al di fuori di noi. Questa preghiera, inoltre, non è un rituale o una sorta di tranquillante in grado di produrre una certa pace fine a se stessa, ma si fonda su una certezza, alimentata dalla fede: «Con la certezza che ci sia/ una realtà che va al di là di questa comprensione mia/ potrai chiamarla anche magia». Il testo offre una visione umile ma anche onesta di quella che è la nostra posizione in questo misterioso, sconfinato universo. Questa realtà trascendente è dotata di “magia” nel senso figurato del termine, cioè di una capacità di attrarre, di incantare che da essa si sprigiona in questo nostro mondo attraverso la preghiera.

La musica in questo modo diventa anche espressione della fede e della sete di senso sepolta nel cuore umano, in grado di dischiudere gli occhi ad un altro mondo, percepibile attraverso altri sensi, e non meno reale della quotidianità che viviamo. La musica quindi ci fa alzare lo sguardo verso il Cielo, guidandoci in un viaggio dell’anima, in un Oltre luminoso a cui aneliamo e verso il quale la nostra vita tende, aiutandoci però ad abitare, con la serenità di cui ci fa dono, il presente, e dunque la nostra vita fatta di affanni e fatiche.

 

Carmine Liuzzi

(Comunità III Anno)

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