Siamo alla fine del cammino quaresimale e la liturgia di oggi ci presenta l’episodio della donna adultera.
Quante volte ci siamo comportati come i farisei e gli scribi, sempre pronti a giudicare l’altro, dimenticando i nostri stessi peccati.
Quante volte facciamo in fretta a puntare il dito anziché tendere la mano, ci concentriamo sul peccato e non siamo capaci di guardare la persona con la sua storia, le sue fatiche e le sue risorse.
Il silenzio di Gesù è una provocazione più efficace di tante nostre parole; ci invita a non strumentalizzare la legge per mettere in atto una giustizia sommaria, ma fare verità con noi stessi.
Le sue parole smascherano la nostra ipocrisia, costringendoci a guardare l’altro con gli occhi dell’amore, non per la colpa commessa, ma come fratello da accogliere e amare.
Con Gesù, la pietra del giudizio pronta ad essere scagliata contro l’altro, viene deposta per diventare pietra di vita, fondamento di una relazione ritrovata, pietra che ridona dignità, proprio come l’abbraccio misericordioso di Dio padre.
Il maestro scrive a terra perché venga incisa nel cuore dell’uomo la legge dello spirito che dà la vita.
Come in una rinnovata creazione, da quel momento la donna avrà un nome nuovo: non sarà più adultera ma salvata!