Come ogni anno la comunità del seminario campano interregionale di Posillipo ha concluso il mese di maggio con il consueto pellegrinaggio mariano. Quest’anno è stata scelta come località una meta vicinissima: la chiesa di Santa Maria di Piedigrotta. Lì dopo un pellegrinaggio a piedi a due a due ci siamo ritrovati tutti insieme per il rosario delle 16 e 20 e a seguire per la celebrazione eucaristica presieduta da Sua Ecc.za mons. Domenico Battaglia. La pandemia e le restrizioni non ci hanno fermato, anzi, da due anni ormai in occasione dei pellegrinaggi mariani abbiamo intrapreso la proposta del camminare a due a due, vivendo la dinamica della conversazione spirituale che risponde proprio al tema formativo di quest’anno: «Proseguendo lungo la strada…annunciano la via della salvezza» (At 8,36.;16,17). È stato un momento vissuto a due a due che è servito per confrontarci sui momenti vissuti in quest’anno ma soprattutto è stato importante fermarci un attimo dalla routine e sostare sui significati profondi che porta con sé la parola pellegrinaggio e su cosa ha significato per noi seminaristi evangelizzare specialmente durante quest’anno di pandemia. Monsignor Battaglia riprendendo il Vangelo ha messo in relazione la Parola del giorno con il significato del cammino, del peregrinare. Ha iniziato nel dire che Gesù nel Vangelo vede nel fico soltanto delle foglie (Mc 11,13) e non vede nient’altro, “non c’è nient’altro” e quante volte la nostra vita è segnata da immagini e apparenze e non c’è nient’altro che sterilità dei vissuti e delle azioni. La casa di Gesù è casa di preghiera non è spelonca di ladri (Mc 11,17). Fermandoci seriamente allora possiamo dire che nella nostra casa, nella nostra vita Gesù si trova a suo agio? Possiamo dire che il nostro cuore è abitato da Lui? Questa è stata la prima provocazione che l’arcivescovo di Napoli ci ha proposto durante l’omelia. Mons. Battaglia ha proseguito dicendo che solo da queste domande possiamo trovare le caratteristiche dei tipi di pellegrinaggio che possiamo incontrare in vita.
«Oggi e domani ragazzi Il Signore non ci vuole perfetti. Il Signore ci vuole autentici».
Il primo è il pellegrinaggio difficile, quello che ci porta dall’esteriorità, dalle foglie del fico, dall’apparenza all’interno. Quel pellegrinaggio che ci fa mettere da parte le apparenze mettendoci a nudo dalle nostre maschere così da riscoprire l’autenticità di noi stessi, ma pensandoci più a fondo noi che viviamo di liturgia, noi che abbiamo cura nel prepararle alla perfezione non possiamo non porci questa domanda: Ma il Signore abita le nostre liturgie? IL nostro desiderio più profondo, allora, è mettere Gesù al centro della nostra vita?
«Prendersi cura delle relazioni»
Il secondo pellegrinaggio è quello faticoso, quello che ci porta a bussare alla porta dei nostri fratelli. Quante è faticoso quel viaggio? Quante volte con il fratello si rompe una relazione per modi di fare che ci danno fastidio o che non riusciamo ad accettarlo per quello che è? Quanto riusciamo ad essere veri gli uni con gli altri? Quanti è faticoso prendersi cura delle relazioni?
Il terzo pellegrinaggio è quello serio, quello che ci porta a Dio e se non partiamo dal cuore e non passiamo attraverso la porta del nostro fratello, allora a Dio non potremmo mai arrivarci. Arriveremo ad un altro Dio. Quello a nostra immagine e somiglianza ma non è il Dio di Gesù. Se abbiamo una labile intuizione di questo allora è il caso di sostare ancora di più e di intraprendere il vero pellegrinaggio che non è quello che facciamo noi ma quello che il Signore fa verso di noi. Lasciamoci raggiungere ed incontrare, apriamo il cuore e affidiamoci a Lui. Proprio qui possiamo cogliere la bellezza di stare di fronte a Maria in questo tempo che scandisce la fine del mese mariano. Maria indossa degli abiti che dovremmo indossare anche noi oggi. Gli abiti che ci insegnano a cogliere il senso della nostra vita. L’abito della gratitudine. Quante volte nella giornata ci fermiamo nel dire un grazie, per le persone che Dio ci mette a fianco? Eppure la risposta di Maria all’angelo è stata “l’anima mia magnifica il Signore” e “grandi cose ha fatto in me l’onnipotente”. Lasciamo operare Dio nelle nostre vite?
«Che lo stupore prendi il sopravvento su ogni forma di lamento»
L’altro abito di Maria è quello dello stupore. Senza stupore non c’è amore e la nostra vocazione, la nostra vita è una storia di amore e senza amore vediamo solo le foglie con il rischio di abituarci a queste foglie. Ma una volta entrata l’abitudine non c’è più la speranza. Lo stupore è necessario perché nella nostra vita non prevalga il lamento su tutto e tutti e si sa che il Signore ci stupisce sempre se apriamo il cuore. L’altro abito è la misura delle parole. Di quante parole riempiamo la nostra vita? In Maria c’è la perfetta coincidenza tra vita e parole. È questa la profezia che abbiamo bisogno che ci rimanda alla trasparenza la quale ci porta alla semplicità della vita. Maria così diventa colei che ci aiuta a vivere la vita come dono perché tutto è grazia, anche nostro fratello e in particolare in tutto quello che abbiamo vissuto durante la pandemia, perdite di cari, dolori e sofferenze che ci portano e ci hanno portato in crisi non possiamo non rivolgerci a Maria che ci insegna che tutte le difficoltà non devono essere vissute con l’animo dei disperati ma con la serenità di chi sa che la sua vita è custodita sul palmo delle mani di Dio.