«Mantenere la tensione spirituale» – Padre Giuseppe Amalfa sj

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«Mantenere la tensione spirituale» – Padre Giuseppe Amalfa sj

La celebrazione eucaristica intercomunitaria di giovedì è stata celebrata da padre Giuseppe Amalfa sj. Padre Giuseppe ha iniziato l’omelia ponendo a noi questa semplice domanda:

«Con quale temperatura spirituale state vivendo la Pasqua?»

Ebbene, è come se dopo il climax ascendente di partecipazione spirituale che dalla quaresima ha raggiunto il suo culmine nella Pasqua ora ci si potrebbe mantenere in quello stato in cui la tensione spirituale senza che ce ne rendiamo conto potrebbe abbassarsi. Può capitare poi che alcuni passi del Vangelo possano non essere contemplativamente recettivi.

«Cosa Possiamo fare?»

Quello che possiamo fare è svegliare la nostra parte affettiva nelle nostre relazioni più che dare manforte alla nostra parte razionale. Questo significa entrare a contatto con Dio che è relazione. Il Vangelo di oggi ci dà questa possibilità. Nel capitolo sesto infatti nel Vangelo di Giovanni è presente il discorso sul pane. Il Vangelo ci lascia l’immagine del mangiare il pane. Il pane rimanda ad un vivere relazionale, si mangia a tavola ed è un cibo fatto con le mani. Lo si deve impastare. 

Tutti  abbiamo ricordi di zie, di nonne e di mamme che hanno impastato con le loro mani il pane per noi. Ma Gesù va oltre. Ci dice che questo pane è il suo corpo. Ci dà da mangiare il suo corpo. Subito alla mente torna l’immagine nostra di quando eravamo neonati che ci cibavamo al seno materno. È come se nostra madre ci avesse dato un po’ di sé, del suo corpo appunto. Anche l’espressione del bacio ha a che fare con qualcosa di simile. Quando baciamo una persona che vogliamo bene è come se la volessimo assaggiare. A Gesù allora che ci dà da mangiare il suo corpo sotto forma di pane non possiamo restare indifferenti. Gesù Cristo è il pane che ci dà la vita vera.

Riprendere le nostre sterilità per trasformare la morte in vita

Nella prima lettura è presente il testo di Atti, il passo del battesimo dell’eunuco (At 8, 26-40) dove possiamo cogliere una leggera trama sul tema di cosa sia la vita vera. L’eunuco per la sua condizione è 

incapace di generare vita. Non conosciamo il suo nome ma sappiamo che è stato attratto dal Signore leggendo non un passo che parla della sua gloria, ma bensì leggendo un passo del profeta Isaia. Forse nel passo del servo sofferente egli ha riconosciuto proprio in quelle sofferenze le sofferenze, i luoghi di morte, di sterilità che abitavano la sua vita. Da lì l’eunuco decide di battezzarsi per trasformare in Gesù quelle morti in vita.

Allora anche noi come quest’uomo lasciamo che  il Signore possa entrare in quegli spazi di morte, in quei punti deboli in modo che proprio ora in questo tempo di Pasqua possiamo far germogliare. 

Forse proprio il riprendere quei nostri punti deboli che ci creano morte e sterilità può farci rialzare quella tensione spirituale che possiamo aver perso.

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