“TU SEI MIO FIGLIO, IL MIO INCANTO”: 50 anni di sacerdozio di don Ettore Franco

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“TU SEI MIO FIGLIO, IL MIO INCANTO”: 50 anni di sacerdozio di don Ettore Franco

“Carissimi, secondo il calendario mancano ancora 12 giorni al “giubileo” della mia ordinazione sacerdotale. È bello questa sera ringraziare insieme il Signore come famiglia del seminario, dove sono stato accolto diciottenne e dove sono ancora custodito dalla comunione con Maria, i Dodici, i fratelli e sorelle di Gesù, come nel cenacolo in attesa di una rinnovata effusione di Spirito Santo”.

Con queste parole don Ettore Franco lo scorso 16 marzo ha iniziato la sua omelia, quando come Comunità e famiglia di seminario abbiamo celebrato l’eucarestia per rendere grazie a Dio per il dono della vocazione di don Ettore e dei suoi “primi” 50 anni di sacerdozio. Questo luogo, questa nostra Comunità, è stata da sempre accompagnata dal suo ministero, prima come animatore di alcune comunità, poi come professore in Facoltà, e adesso come padre spirituale di molti di noi. Un ministero speso, come ci ha ricordato, per “formare uomini e donne di discernimento capaci di custodire e alimentare lo spirito profetico, per poter scegliere ciò che è meglio, vivendo sulle frontiere e nelle periferie, per ridare a ogni uomo e a ogni donna la dignità dei figli con l’impegno della fraternità che custodisca il creato e orienti i nostri passi sulla via della pace”.

Insieme a lui, aiutati dalla Parola del giorno, abbiamo fatto un viaggio “a Gerusalemme, a casa di mamma: dove tutti siamo stati generati tra il Calvario e la Tomba vuota”. E spezzando per noi la Parola, ci ha portati “alla sorgente della vita” partendo proprio dal Salmo 46 che la Liturgia del giorno ci proponeva. Raccontandoci la sua storia e le meraviglie che il Signore ha compiuto e continua a compiere per lui, ci ha lasciato tre parole significative che possono aiutare anche il nostro cammino.

Ci ha invitato a non avere paura quando si scatena l’assalto cosmico “come il diluvio o un terremoto, o come i bollettini di guerra delle vittime del Covid” perché “il Signore delle schiere, cioè dell’universo, che ha scelto di abitare in mezzo a noi è rifugio, fortezza, aiuto”. Sì, perché come ha ripetuto più di una volta, “l’immensamente grande nell’infinitamente piccolo, con uno sguardo di benevolenza, libera, salva e orienta tutto al bene”.

Ci ha invitato a vedere le grandi opere di Dio nelle nostre vite, raccontandoci come nella sua vita “c’è sempre stata un’eccedenza”, come Dio lo ha accompagnato e custodito “con un supplemento di grazia rispetto ai desideri e progetti della vita”.

Ci ha detto, insieme al salmista, “fermatevi e sappiate”, ossia riconoscete lo sguardo di Gesù in quelle situazioni semplici, a volte anonime per altri, ma che diventano significative per noi, in quegli occhi dei tanti santi della porta accanto che il Signore ha messo sul suo cammino e che affiancano quotidianamente il cammino di ognuno di noi. Perché quello Sguardo è quell’incontro che trasforma e permette di vedere tutto e tutti in una luce nuova, “quella che dal volto di coloro che mi erano stati affidati, soprattutto i più deboli e gli scartati, si riflette sul mio volto e insieme manifesta al mondo il volto di Gesù che è il volto della misericordia del Padre”.

Grazie don Ettore per la tua testimonianza, per il tuo renderci presente Gesù con le tue parole, le tue chiacchierate, la tua disponibilità all’ascolto e alle confessioni. Grazie per il tuo servizio in mezzo a noi, perché ci mostri e ci fai gustare che sognare con Lui è possibile ed è bello, perché ci fai immergere nel ministero, emozionandoti ancora oggi nel ricordare tutte quelle persone che hanno camminato con te, quelle che tu hai guidato e quelle che ti hanno accompagnato.

Facciamo nostre le tue parole e la tua preghiera.

Non preoccuparti, continueremo a pregare per te, tu continua a farlo per noi:

“Per tutto il bene ricevuto e donato, todah, grazie!

Per le mie infedeltà, debolezze e omissioni, selichàh, scusa!

Per poter in tutto amare e servire, come quando e perché tu lo vuoi, io sia pronto bevaqashah, per favore!

Amen!”

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