UN UMANESIMO CRISTIANO COME ARGINE ALLE DERIVE DEL TEMPO PRESENTE

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UN UMANESIMO CRISTIANO COME ARGINE ALLE DERIVE DEL TEMPO PRESENTE

Giorno 28 novembre in seminario si è svolta la Celebrazione Eucaristica intercomunitaria presieduta da S.E. Mons. Antonio De Luca, vescovo di Teggiano – Policastro. Nell ‘omelia riprendendo il Vangelo (Lc 21,20-28) di genere letterario apocalittico mons. De Luca ha iniziato dicendo come questi discorsi escatologici di Gesù hanno sì ispirato artisti in ogni campo ma sono anche stati usati da una certa chiesa in ambito pastorale e spirituale che ha preferito anche prendere la piega di un certo terrorismo spirituale che ha fatto capire tutt’altro. Ma d’altro canto questi discorsi visti nella maniera opportuna ci danno una visione integrale e il fondamento vero per un umanesimo cristiano. Mons. De Luca ha continuato dicendo che questi discorsi di Gesù vogliono mettere un argine a delle derive che in questo tempo sembrano particolarmente in agguato nel discorso pastorale e spirituale nelle nostre comunità.

L’Ossessione

Vivere la dittatura dell’istantaneità del tempo presente. Il tutto e subito. Ci fa consumare esperienze ed emozioni senza attesa, senza assimilare. E anche le esperienze più belle e più profonde possono ricadere in questo consumismo esistenziale. Ci fa dimenticare il rapporto fra passato e futuro, tra la memoria e il sogno, tra il già e il non ancora. Anche la formazione così può essere vissuta nell’istantaneo in una logica del “deve passare” che non fa vedere la vera prospettiva del regno

 

Concretezza

La perdita di concretezza del tempo presente è chiara quando nelle aziende o nella vita di tutti i giorni, nelle università le persone sono considerate dei semplici numeri. L’incontro dov’è? Le persone dove sono? Come si compiono le scelte oggi. Sembra che oggi contino solo i numeri. Come se le statistiche in questa fase di astrazione siano un luogo di discernimento più affidabile rispetto alla cura che possono avere percorsi personalizzati. Papa Francesco invece ci dice che “la realtà è superiore all’idea”. Il papa ci dice che forse noi siamo più preoccupati in ambito pastorale e nella vita giornaliera alle tabelle di marcia che alla marcia stessa. Noi ci dimentichiamo che la concretezza evangelica è l’incarnazione. Dio che si fa prossimo incarnandosi. Una prossimità fatta di impegno vero per noi. Fatta di Amore, di Carità.

 

Perdita del concetto di limite

Il limite nella logica cristiana è benedizione e non castrazione. Il limite è l’occasione grazie alla quale ciascuno di noi percepisce la sua vera e povera umanità che nella logica escatologica sarà riempito da un incontro totale, pieno e definitivo. Il limite fa parte del nostro umano che certe volte lo si vuole superare con la cultura dell’eccesso. Eccesso di sensazioni, eccesso di emozioni, di legami, di impegni. Per noi cristiani non è l’eccesso che fa superare il limite. Il limite può essere superato esclusivamente con l’eccedenza dell’Amore. Ed è questa eccedenza che ci fa sentire in cammino vero una pienezza escatologica che si compie già qui.

Solo se ci mettiamo in questa prospettiva di un vero umanesimo cristiano riusciremo ad anticipare qui cieli nuovi e terra nuova.

 

 

 

 

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