Ieri sera la comunità di seminario ha celebrato la messa in preparazione alla settimana santa presieduta dal nostro rettore padre Franco. Di seguito l’omelia tenuta dal rettore:
Omelia-messa-pre-Pasquale-11-Aprile-2019.pdf
Siamo a un passo dalla Pasqua e la Parola di stasera è accomunata dal verbo “osservare”.
“Observare“ (custodire, aver cura, fare la guardia), significa vivere con l’attenzione del cuore, custodendo qualcosa di prezioso. E’ il tema del Padre che vede nel “segreto”, e questa è la ricompensa.
In questo scorcio di cammino, nella Settimana Santa che si apre dinanzi a noi, siamo chiamati a custodire, “a fare la guardia” all’incontro con il Signore Gesù, attraverso la Sua Parola e le liturgie che vivremo, senza lasciarci prendere e l’essere indaffarati e distratti.
Così vivendo, non andremo incontro alla morte. “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”.
Da sempre l’uomo ha accarezzato il mito dell’immortalità per sconfiggere la morte. Basta pensare ai faraoni, mummificati nelle piramidi.
Nel percorso della vita si muore tante volte in varie e diverse occasioni.
Il bambino in noi per diventare ragazzo, poi muore il ragazzo per divenire uomo. Si cambia lavoro, casa, amici, a volte i lutti, ecc….
Ma, tutte queste morti e soprattutto le rinascite, se da una parte si perde qualcosa, si apre all’orizzonte qualche “guadagno”. Solo l’ultimo passaggio lo facciamo al buio, chiamati all’affidamento totale. Ma questo ci mette veramente paura.
Ciascuno in questo “cammino della vita sulla terra” che facciamo, e la paura a farla da padrona, e le morti e le rinascite intermedie, possono essere vissute, animate dalla ricerca del piacere, dalla libertà, ma non essere umanizzanti, liberanti.
Una prima maniera di vivere, considera libero l’uomo potente, che può fare ciò che gli pare e piace. Questo criterio, se è sufficiente per l’animale, programmato dall’istinto, per l’uomo è il fallimento della sua umanità, resta schiavo dell’egoismo, asservendo ad esso tutto e tutti. (cfr. i primi capitoli del libro della Sapienza).
Un’altra maniera di vivere, al contrario, considera libero il sapiente o l’asceta, che “sa” e fa ciò che deve, mentre gli altri sono schiavi dell’ignoranza, e ai quali guarda con sufficienza. Atteggiamento dei filosofi o religiosi. (cfr. fariseismo, stoicismo)
A noi, la Parola di Dio dice che l’uomo è libero perché figlio di quel Dio che è amore: capace di rispondere all’amore con l’amore, mettendoci ognuno a servizio dell’altro (cf. Gal 5,13).
La parola per gli umani è essenziale, per la vita individuale e comunitaria. Ciascuno di noi venendo al mondo è stato introdotto alla vita e ad adattarsi al mondo con le parole che ci venivano sussurrate dalla mamma, dal papà, dai vicini e via via da chi incontravamo.
La parola – vera, erronea o menzognera che sia – determina il farsi e il fare dell’uomo: ognuno agisce, anzi diventa secondo la parola che accoglie.
Noi, specie in questo tempo di quaresima ci siamo adoperati per metterci sotto la Parola e lasciarci tentare e plasmare da essa. E, l’abbiamo fatto non solo nell’intimità della preghiera personale, ma anche nelle liturgie, nelle promozioni fraterne, in comunità. Vediamo cosa ci dice la chiesa.
«La comunità del seminario ha una valenza educativa molto forte. Le celebrazioni liturgiche (specialmente l’Eucaristia e la Liturgia delle ore), gli incontri comunitari di formazione, condivisione, programmazione e verifica, la trama delle relazioni interpersonali improntate alla carità e alla verità, una comunicazione autentica, l’attenzione a chi è nel bisogno, il dialogo educativo e l’obbedienza rispettosa, attiva e responsabile verso gli educatori, la capacità di affrontare i conflitti con maturità, la correzione fraterna fatta con delicatezza e sincerità, la qualità evangelica della vita in comune, il senso di responsabilità reciproca e l’umile impegno nel servizio influiscono significativamente sulla personalità dei suoi membri; in particolare, il clima che vi si respira, nella misura in cui è sereno, familiare, laborioso e propositivo, contribuisce grandemente allo sviluppo di personalità mature e armoniose» (La formazione dei presbiteri nella chiesa italiana. N. 74)
Se abbiamo accolto e la Parola in noi è stata efficace, potremo essere contenti, perché siamo stati capaci di morire e rinascere un pò, allargando il cuore, gli affetti, i sentimenti, le conoscenze delle persone, ecc.
Questo si è realizzato o se realizza se:
*scendendo in refettorio o ai corsi, sono andato anche da solo senza aspettare l’amico
* arrivando a tavola in refettorio, mi siedo dove c’è posto, senza scegliere chi mi fa comodo
* mi alzo da tavolo, non creando rumore con le sedie che infastidiscono me e gli altri
* sto in camera, nella sala comune o in cappella e mi ricordo di chiudere la parta, per non disturbare gli altri
* nel corridoi della facoltà, mi apro per incontrare chi non è della mia comunità, chi non è seminarista
* il sabato sera mi preoccupo di inventare occasioni per incontrare i ragazzi o i giovani della parrocchia di pastorale, preferendoli alle compagnie consuete o all’incontro con i miei amici della parrocchia di origine
* vivo con responsabilità il tempo che è un dono del Signore, per lo studio, per la preghiera, per prendermi cura di me, di qualche persona, e non vince la pigrizia o la disattenzione
*per avendo paura, prendo la parola ed esprimo ad alta voce in comunità il frutto della mia preghiera durante la fractio, per chiedere il sostegno della preghiera della comunità, superando il timore di essere giudicato
*nel fare i servizi comuni non mi faccio gli sconti, perché c’è chi lo fa anche la mia parte
*non ho preferito parlare delle cose di sacrestia o di pettegolezzi, ma dedicando tempo per leggere il quotidiano, informarmi, andando in profondità in una conversazione con un amico, con un compagno
* quando posso, evito di sprecare benzina, acqua nella mia camera, faccio attenzione alla casa, alle suppellettili,….ecc., ecc.,
* sento la responsabilità in prima persona di dire una parola al fratello che sta sbagliando, e non mi accontento del minimo comune multiplo, del galleggiare nel mare della finta tranquillità, del quieto vivere: “Molti sono caduti a fil di spada, ma non quanti sono periti per colpa della lingua” (Sir 28,18). La parola governa tutti i rapporti degli uomini tra di loro e con le cose; la lingua è come il timone di una nave (cf. Gc 3,3-10): può condurla in porto o farla naufragare.
Se sono stato o saremo capaci di piccole mortificazioni, sarò e saremo capaci di guardare in faccia la morte, non farà più paura. Vivere amando, è cruciale, nel senso che spodesta da se stesso, ma è così che si vive la vita eterna.
Rinnoveremo con fiducia e speranza le promesse battesimali avendo dinanzi agli occhi di Cristo, e in questo modo il futuro non mi spaventa.
Potrò fare molti convegni sulla corruzione nella chiesa, il peccato originale non nasce con noi, ma potrò essere fiero di appartenere alla chiesa, che è capace di dare un “supplemento d’anima al mondo”.
Tempo di scandali, piccoli o grandi, è tempo di purificazione, perché Dio guida la sua Chiesa e noi non abbiamo nulla da perdere, ma solo “observare” la Parola.
I conflitti, mi vedranno desideroso di essere da ponte tra l’uomo e Dio, come ha ricordato De Mistura ad uno di voi.
Un giorno, mi trovavo sulle coste irlandesi e vidi arrivare uno stormo di oche selvatiche di ritorno dall’Islanda. Mentre le stavo osservando, mi si avvicinò un uomo che mi raccontò di come si svolge il loro viaggio.
Mi spiegò che lo stormo poteva giungere a destinazione solo se i suoi componenti si fossero aiutati a vicenda.
Mi disse che le oche volano sempre in una caratteristica formazione a V, e che se ogni uccello mantiene la corretta posizione, l’aria crea un sostegno di cui gode tutto lo stormo.
E se un elemento esce dalla fila, gli altri sentono subito aggravarsi il peso e la fatica del volo.
Mi disse inoltre che davanti a tutti si mette l’uccello più forte e questo detiene il comando per tutto il tempo che gli è possibile, spostandosi poi nella posizione più arretrata, quando non riesce più a mantenere un’adeguata velocità. Ma dal fondo continua a lanciare un grido di incitamento, per incoraggiare quelli davanti a tenere una velocità elevata.
Quando poi un uccello comincia a indebolirsi, si distacca dal gruppo, affinché gli altri non abbiano a soffrire per causa sua, ma a quel punto altri due uccelli stanno dietro, assieme a lui per offrirgli protezione e speranza. E quando il compagno debole ha ripreso le forze, i tre proseguono insieme e cercano di riunirsi alla formazione.
Tutti i componenti sanno che il forte starà vicino al debole nei momenti difficili come in quelli tranquilli, nei momenti di debolezza come in quelli di vigore (Anthony De Mello, Brevetto di volo per aquile e polli, p. 181-182).
Tutto questo come comunità. Aiutandoci, esortandoci, edificandoci, insieme.