Si è svolto ieri sera, nell’Aula Magna della PFTIM – Sez. San Luigi intitolata a Paolo VI, l’incontro con Staffan De Mistura, già inviato speciale dell’ONU per la Siria, sul tema: “Siria e conflitti internazionali. Alla ricerca di motivi per sperare e per continuare ad impegnarci”.
Nonostante la palpitazione per l’accoglienza di un ospite di caratura internazionale, nonostante la passione e l’apprensione per la cura minuziosa dell’evento, l’incontro si è svolto in un clima familiare e confidenziale. D’altronde abbiamo “semplicemente” accolto un amico, non un funzionario dell’ONU, come ha sostenuto il nostro rettore p. Franco Beneduce sj nel saluto introduttivo.
Tralasciando momentaneamente la puntuale analisi della crisi siriana, presentata a braccio da un appassionato e visibilmente commosso Staffan, raccogliamo a caldo tre “perle”, che sono per noi motivo di gratitudine e di responsabilizzazione.
La “testimonianza vocazionale” di Staffan. Da piccolo sarebbe voluto diventare un pompiere, incassando persino la benedizione di padre Pio, che durante un incontro gli disse, sornione: «Ti auguro di spegnere tanti incendi». Crescendo, ha accarezzato l’idea di diventare “medico delle nazioni”, ma alla fine è entrato nell’ONU, specializzandosi nei conflitti armati. Per quale motivo? «La svolta avvenne a Cipro, quando avevo 17 anni. Nella linea verde che divide i greci dai turchi, un bambino di 9 anni fu colpito da un cecchino. Non avevo mai visto morire nessuno. Per la prima volta, vidi la realtà di un bambino ucciso da un cecchino. Mi venne un tale sdegno e pensai: “farò di tutto per rompere le scatole a chi farà la guerra ai civili“».
Il coraggio di avere paura. A chi gli chiede se avesse mai avuto paura e come abbia fatto a non scoraggiarsi in un territorio desolante, segnato dalla guerra, risponde che bisogna avere paura – perché aiuta a non essere incoscienti – ma coraggiosamente. Non bisogna arrendersi: «ci sono malattie che non possono essere curate, allora che fai? Rinunci? Oppure come medico cerchi di mantenere in vita il paziente, di ridurre il suo dolore, di dargli speranza? Perché domani, dopodomani, verrà la cura, arriverà la pace».
Le caratteristiche di un mediatore di conflitti. 1. Ascoltare e non imporre: tutti hanno un’opinione e un punto di vista, anche se va chiarito. 2. Affrontare la crisi oggettivamente, senza personalizzare.
Siamo particolarmente grati a Staffan De Mistura per aver affrontato la questione con una sana dose di realismo e per l’iniezione di fiducia e di speranza data a noi ascoltatori. Proseguiamo il nostro cammino accompagnati dalla certezza che, come ha chiosato il nostro rettore, «possono calpestare tutti i fiori, ma non possono permettere alla primavera di non ritornare» (proverbio arabo).
La speranza di un mondo migliore vince paura,stanchezza e sfiducia e ci incoraggia a pensare che il BENE trionfa sempre