Durante la settimana ecumenica la nostra comunità di seminario ha celebrato la messa intercomunitaria presieduta da don Gaetano Castello preside della sezione san Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, nonché responsabile dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso della diocesi di Napoli. Don Gaetano durante l’omelia ha iniziato introducendo uno stile che deve essere tipico del cristiano: “Fare unità, fare ponti”. Prendendo spunto dalla lettera agli Ebrei e più precisamente nel punto in cui si fa riferimento all’irrevocabilità delle promesse don Gaetano ha delineato come ci fosse fin dall’inizio un’apertura verso in un primo dialogo con gli ebrei, nostri più vicini fratelli. Ma il riferimento ad Abramo ci apre a tutte le religioni abramitiche. Il 17 gennaio si festeggia la giornata del dialogo tra cattolici e ebrei ed è un giorno che non a caso è situato in mezzo alla settimana per l’unità. Ricorda infatti a noi cristiani che la prima frattura, da risanare, avvenne pian piano proprio con gli ebrei. Quest’odio reciproco perdurato fino alla Shoah è iniziato a demolirsi con la storica udienza privata di Jules Isaac che ottenne da papa Giovanni XXIII dove sottolineò una necessità: che il capo della Chiesa cattolica condannasse in modo solenne l’insegnamento del disprezzo e dell’odio verso gli uomini che ha una profonda essenza anticristiana, e che tale tema doveva essere discusso nel concilio. Così si è pian piano iniziò a demolirsi quella cultura della sostituzione del tipo “è venuto Gesù, è finito l’ebraismo”, che purtroppo fa eco ancora oggi quando presentiamo Gesù ai bambini, ma non solo. È presente anche quella teologia della conversione del tipo “convertiamoli tutti” che manifesta non solo una paura all’apertura ma anche il rischio di proselitismo e questo vale per tutte le religioni.
Don Gaetano ci ha esortati a non dimenticare le parole di Gesù al cenacolo: “Ut unum sint” (Gv 17,21). Noi siamo di Cristo ed è dentro la vocazione cristiana costruire l’unità. L’ecumenismo nasce da una vergogna sentita dai protestanti di Scozia nel 1910. Vergogna che nasceva su una semplice questione sull’annuncio del Vangelo ai paesi esteri non cristiani: “Come si può annunciare un cristianesimo diviso in sé stesso?”. Ci rimane, allora, il dialogo e perché no anche l’avere e il coltivare amicizie con ortodossi o con chiunque altro facesse parte delle tante confessioni cristiane. Certo ci saranno differenze ma l’unità non è il semplice camminare insieme, ma è un dialogo profondo e se un prete non è fatto per dialogare è meglio che cambi mestiere.