Giovedì 20 dicembre in seminario si è svolta l’ultima Celebrazione Eucaristica prima del Natale. La celebrazione Eucaristica è stata presieduta da Padre Franco Beneduce. La serata si è conclusa con la consueta cena natalizia per gli auguri di Natale. Di seguito l’omelia pronunciata dal rettore:
Carissimi,
Lc 1, 26-38, la scena evangelica dell’annunciazione è una tra quelle più note. Non sembra facile coglierne spunto, apparentemente. E’ stato detto tutto. Ma, come ci diceva Padre Beniamino una settimana fa:
“Il Vangelo è il libro della vita del Signore, fatto per diventare il libro della
nostra vita, per essere accolto da noi. Quando teniamo il vangelo tra le mani
dobbiamo pensare che in esso abita il Verbo della vita che vuole diventare
carne in noi, affinché con il cuore innestato sul nostro, il suo spirito congiunto
al nostro, noi iniziamo la sua vita in un altro luogo, in un’altra vita.
E’ un’ altra vita, quella di Cristo”.
Cosa ci dice allora il brano a noi, stasera? Cosa ci dice Maria?
Maria che è la porta dell’Avvento, Maria che è la discepola, ci sia maestra per accogliere il Vangelo del Figlio.
La grazia che chiediamo questa sera nell’Eucaristia, per sua intercessione, non è in primo luogo di avere “fede in Maria”, ma “avere la fede di Maria”.
Maria ci insegna prima di tutto che la fede viene dal Cielo, dagli angeli. La fede è arrivata a noi attraverso gli angeli invisibili e gli angeli visibili. La fede ci è arrivata in famiglia, dai genitori, i nonni e poi un amico, la parrocchia, il movimento…
L’irruzione di Dio arriva a qualcuno che ha già una sua vita, arriva quando uno ha già un progetto di vita, come è accaduto a Maria. E’ così Dio entra nelle nostre vite.
La prima parola che Dio dice è: “Rallegrati, il Signore è con te”. Smettila con la tristezza. Smettila di credere che sei poca cosa. Smettila di sentirti avvilito, solo. Il Signore sta con te, sta dalla tua parte. Questo è il motivo della gioia. Maria rimane “sconvolta”. Tant’è che l’angelo Gabriele, deve precipitarsi a dirle la seconda parola: “non temere”, non avere paura. La paura, è un’ emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. Esistono tutte queste tendenze che hanno come logica quella dell’autopreservazione, cioè quella di non spingere troppo la propria vita, perché non si sa mai…
La paura se protegge la vita, sovente la ingabbia. Questa paura è un bisogno, è la tendenza che spinge l’uomo a preservarsi piuttosto che a rischiare, in emozioni, scelte, affetti.
Non temere, è l’invito a disobbedire a questo blocco, perché spesso decidiamo, agiamo e progettiamo animati da paure, truccate da desideri. La paura da sempre fa vivere da fuggiaschi. “Ho avuto paura e sono fuggito” (Gen. 3,10). Le paure di ieri e di oggi entrano in noi e lavorano nel nostro intimo. La fatica a trovare accordi: sul clima, con i suoi cambiamenti; sui dazi e le frontiere; sull’approvvigionamento energetico; Il Censis nell’ultimo rapporto di questi giorni presenta l’Italia, un Paese dove dilaga il rancore, si guarda al sovrano autoritario.
Eppure non mancano segni del progresso tecnologico e scientifico: un satellite è giunto su Marte, e invia segnali, ma come tacere le tensioni tra i popoli, le etnie. Al momento ci sono guerre guerreggiate in 24 Paesi, tre le più vicine, Russia e Ucraina.
Cosa resta dell’umano, domani. Il DNA alterato delle bimbe cinesi; le difficoltà a capire se si deve andare a vaccinazioni sì, o vaccinazioni no, con un like.
Fino ad oggi si poteva viaggiare senza dover cambiare moneta, quasi dappertutto in Europa e senza ostacoli alle frontiere, ora c’è una Brexit annunciata e anche nel nostro Paese si inneggia all’autonomia.
Senza contare la paura che riaffiora nelle situazioni più innocenti e spensierate, come trovarsi al centro dell’attentato mortale al mercatino di Strasburgo; oppure, sei vittime e 120 feriti nell’incidente nella discoteca di Corinaldo. Le minacce ci sono nella vita: sono reali, prevedibili, ricordate o fantasiose, ma si tratta di entrare nella vita, senza soccombere per la paura, perché resti una protezione della vita e non l’ingessatura di essa. Chi ci può sbloccare?
La terza parola è: “Hai trovato grazia”. Un altro ci sostiene, ci accompagnerà. (Salmo 22). La strada, anche quando è tenebrosa, con il Signore la si percorre, perché ci si appoggia a Lui.
Se lo Spirito trova una “carne”, lì Dio fa la sua opera. Come è possibile? Come avviene? Maria pone domande, sensate.
Dio farà cose grandi con te. Dio non fa le cose che gli uomini sanno fare da soli. Gli uomini fanno cose grandi con grandi mezzi. Dio fa cose grandi con niente. Chiede anche a noi, come a Maria, di non aver paura e cooperare con Lui. Cosa fa Maria, la discepola? Davanti a Dio che ci parla non possiamo rimanere zitti. Bisogna rispondere, è urgente rispondere. Come Maria, possiamo dire: Eccomi!
Poi c’è il vangelo odierno che conclude così: L’angelo partì da lei. Un copione di vita evangelica, tutto da scrivere. Maria non rimane sola, ma le resta tutta la responsabilità della fiducia che Dio ha in Lei, e di capire come continuare ad accogliere e incarnare la Parola. Come Maria, anche noi siamo chiamati a scrivere la nostra pagina di santità personale quotidiana, oggi. Siamo chiamati a farlo da “autori”, da “registi”. “Avvicinare il Vangelo alla vita, così ci porta a vivere una vita che non è altra vita che quella di Cristo”, non curanti del giudizio del mondo, degli altri e soprattutto superando le paure che ci invogliano più a percorrere sentieri noti, che aprire vie nuove al Vangelo per il nostro tempo. Con la fiducia che il Signore ripone in noi, possiamo essere sceneggiatori, registi, piuttosto che “comparse”, o “copisti”, seppure di buona qualità.
A Maria donna del coraggio, chiediamo di essere in questo tempo giovani che con la preghiera, i sacramenti, lo studio, la vita insieme, il servizio nelle parrocchie, imparano oggi a conoscere Gesù, per la scelta radicale di Lui: “Mi ami tu?… Seguimi”, seguendolo oggi con generosità nella povertà, castità e obbedienza.
Così, avremo non solo fede in Maria, ma la fede di Maria, che sa farsi pellegrina, per visitare e aiutare la cugina, sfidando pericoli e l’opinione pubblica e dicerie; che sa portare la gioia a Cana, che ridà senso nuovo alle esistenza, alla vita, affrettando l’”ora” del Figlio; che sa donare il Figlio sotto la croce, spossessandosi della sua vita e donando quanto di più prezioso aveva al mondo. Con questa sequela feriale e radicale, incoraggiati dalla fede di Maria saremo giorno dopo giorno giovani che potranno essere come diceva ai presbiteri Giovanni Paolo II: “siate preti gioiosi perché la gioia viene dalla sequela seria. Un prete pieno di passione per il vangelo crea una comunità dove c’è passione per il vangelo. Un prete senza passione crea una comunità appiattita”.