Giovedì giorno 22 novembre la comunità ha celebrato la messa intercomunitaria nella memoria di santa Cecilia. La celebrazione eucaristica è stata presieduta da padre Carlo Chiappini.
Il Vangelo del giorno (Lc 19,41-44) parlava di un pianto. Il pianto di Gesù su Gerusalemme. Gesù piange, dice padre Carlo, anche se non è solo, anche davanti a tutti. Un pianto che non riesce a trattenere. Eppure è strano perché a Gerusalemme finalmente sarà riconosciuto per quello che realmente era, pensavano i discepoli.
Ma cosa c’è dentro quel pianto?
Perché piange il Signore? Il “pianto” nei Vangeli è presente nella vicenda di Maria Maddalena o in quella di Lazzaro. Attraverso Gesù vediamo la nostra umanità e allora forse la domanda è rivolta a noi. Quanto abbiamo pianto nella nostra vita? Perché abbiamo pianto? Per mancanze? Per bisogni o sofferenze che riguardavano i nostri interessi? Per il nostro egoismo? Il pianto di Gesù non ha niente a che fare con questo. Non è neanche simile alle lacrime versate per Lazzaro. Tante cose possono essere dette a livello intellettuale, ma se una persona piange in una situazione significa che in quel dato momento sta esprimendo proprio sé stessa. Ciò significa che è coinvolta totalmente. Il pianto è legato a ciò che profondamente e intensamente desideriamo. Questo di Gesù è un pianto che non è semplicemente il piangere per qualcuno o qualcos’altro che avverrà come l’assedio di Gerusalemme ma appunto è un pianto su quella città che può rappresentare una cultura, un modo di pensare, una filosofia di vita. È il pianto sulla storia, anzi sulla storia del nostro tempo. Questo pianto ci dice quanto sta a cuore al Signore il destino dell’umanità.
E di fronte ai problemi del nostro tempo qual è il nostro atteggiamento? Di indifferenza?