Giovedì 1 marzo alle ore 19,00 nella cappella maggiore del seminario si è svolto, come ogni anno, un momento di preghiera ecumenica che ha coinvolto dei rappresentanti di alcune chiese di professione cristiana della città di Napoli: Il pastore Dorothea Muller della Chiesa Metodista del Vomero , Padre Mikhall Povallaiev della Chiesa Ortodossa di Napoli del Patriarcato di Mosca , padre Florin Bontea della Chiesa Ortodossa Romena di Napoli e uno dei nostri animatori di seminario don Armando Nugnes. Ognuno di loro ha dato degli spunti di riflessione partendo dal tema dell’incontro e dalle letture proposte durante la preghiera.
Ecco i punti chiave delle riflessioni:
UN DIO CHE PORTA IL NOME COMPASSIONE
La meditazione del pastore Dorothea Muller era soffermata sul passo di Esodo 15, 1- 21 in cui Miriam danza e canta. Miriam esprime la sua gioia per la liberazione dall’Egitto, la liberazione dalla paura di morire di fronte ad un nemico strapotente. Miriam esprime la gioia del miracolo avvenuto. Quando accade che termina con un lieto fine una situazione che non sta andando per il verso giusto noi siamo tentati di dire “ci è andata bene” facendo passare in modo passivo gli avvenimenti. Quando e quanto, invece, cerchiamo di fare la storia e di prendere la vita con le nostre mani? Un Dio che entra nella storia per aiutarci dovrebbe spingerci a questo. Ma, alla luce degli avvenimenti dell’Esodo, c’è un ‘altra domanda che ci impone la Scrittura: Chi è quel Dio che ha dato la vita agli ebrei negandola ai cavalieri egizi? Che ha dato la vita a noi negandola ad altri? Il nostro Dio è un Dio che non può tapparsi le orecchie alle grida degli oppressi, perché Miriam canta ad un Dio che porta il nome compassione. La traduzione C.E.I. della bibbia cattolica è: «cavallo e cavaliere ha gettato in mare». La traduzione metodista invece è: «cavallo e carri ha gettato in mare». La sottile differenza sta nel fatto che Dio non uccide i nemici ma gli strumenti di guerra. Allora l’inno di Miriam è un inno alla speranza di porre fine alle guerre. In quel canto è concentrata tutta la speranza di tutti gli uomini e le donne dell’umanità impauriti dalle vicissitudini della storia.
IL MONDO RISPLENDEREBBE DI UN UNICA GRANDE LUCE
Don Armando Nugnes meditando il vangelo dell’emorroissa (Mc 5,21-43) ci ha provocati facendoci una domanda: “Chi mi ha toccato?”. Quella donna che perde sangue come se stesse perdendo la vita rappresenta noi nei momenti difficili della nostra storia. Secondo san Girolamo in quella donna c’è la Chiesa riunita nelle nazioni. Tutti abbiamo riconosciuto la potenza dell’amore che salva.
La fede non può risolversi in un’operazione fugace, quasi magica. Toccare il mantello non è il prendere un contatto fugace con il sacro solo per interesse personale come se volessimo considerare Dio uno strumento per i nostri bisogni. La fede fa parte della nostra storia. Allora a tale domanda dobbiamo rispondere raccontando la nostra storia fatta di tradizioni, sensibilità e modi di annunciare il Vangelo che ci caratterizzano. Siamo chiamati non ad essere quella folla indistinta, anonima che vuol fare ressa attorno a Gesù solo per garantirci un primato. Siamo chiamati, invece, all’incontro personale e intimo con Gesù per aprirci così ad un dialogo fraterno sempre più proficuo. Don Armando, infine, ha concluso con una citazione:
“Se tutte le persone riuscissero a creare un contatto così profondo con le cose che
succedono attorno a loro credo che il mondo forse…
…il mondo forse risplenderebbe di un’unica grande luce, di un bagliore irresistibile
generato da tutte le stelle unite, di un fulgore visibile anche nel buio più pesto.”
( B.Yoshimoto, Il coperchio del mare)
SPERARE CON TUTTO IL NOSTRO CORPO
Padre Mikhall ci ha offerto la meditazione sulla lettera ai Romani 8,12-27. Prima di iniziare la riflessione ha subito messo in chiaro una cosa. Quando stiamo di fronte al Vangelo non dobbiamo aggrapparci alla scienza e al
pensiero razionale. Bisogna dare anche importanza allo Spirito che ci trasforma come ha trasformato gli apostoli. Per fare questo dobbiamo combattere non contro il nostro egoismo ma contro di noi, contro la nostra carne per tener sempre presente la vera speranza. Noi siamo chiamati a portare la gente a credere con tutte le nostre debolezze e
anche quando tutto il nostro corpo non spera. Ci ha augurato, infine, di cercare in questi anni di formazione questa vera spiritualità.
SOLO LO SPIRITO CI CAMBIA
Padre Florin con tanto entusiasmo ci ha detto, in modo sincero, che di questi tempi c’è bisogno di un amore vero, una preghiera incessante e finché siamo in tempo di uno studio appassionato. Tutto il resto lo fa lo Spirito Santo. È lui che ci tocca e ci cambia veramente. Ci ha ricordato infine che abbiamo lo stesso Dio, lo stesso Padre, la stessa Trinità e che tutti noi siamo stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Mettiamo da parte ogni egoismo.